17 luglio 2001. 10 anni fa. Michele, mio figlio, ha 19 anni. Decide di andare a Genova con un amico coetaneo, Spino. Per il G8.
Durante la giornata ci sentiamo due volte (solo due volte!!) sul cellulare.
Mi racconta, nella prima, di violente cariche della Polizia contro un gruppo di giovani ai quali si erano aggregati. Cariche, nonostante loro, seduti per terra, si rivolgessero agli agenti con le mani alzate, colorate di bianco. E mi racconta, nella seconda, di gruppi di persone, vestite di nero, mascherate, che menano a destra ed a sinistra, incontrastati, violenti e padroni della situazione. Li chiamano Black Block ed attaccano chiunque, soprattutto quelli con le "mani bianche".
Sono molto preoccupato e cerco di informarmi sempre di più, via radio e TV.
Alle 21,30 alla Festa de L'Unità c'é il comizio di Violante, oggi presidente alla Camera del gruppo "Democratici di sinistra - L'Ulivo" dopo essere stato, nei 5 anni precedenti, Presidente della Camera. Mi aspetto da lui notizie, spero confortanti e veritiere. Con me, ad ascoltarlo, il padre di Spino.
Ma Violante imprime un taglio del tutto inaspettato al suo intervento. Enfatizza oltre ogni misura il pericolo della violenza da parte dei manifestanti, parla di provocatori presenti nella manifestazione a Genova, ha un tono giustificatorio nei confrotni delle forze dell'ordine. Un tono esagerato. Non collima con le cose che ho sentito nel pomeriggio da Michele, al telefono. Il padre di Spino se ne va, incazzato, "prima che mi prenda un'irrefrenabile voglia di interromperlo", mi dice. Io aspetto "fiducioso" fino al termine del comizio. Ma il "taglio" non cambia. E' una delle prime volte che tocco con mano una così plateale discrasia tra quello che so e quello che dice un dirigente del mio partito.
Alle 22,30 torno al mio ruolo di volontario della Festa. In cucina, a lavare i piatti. Ne parlo con qualcuno, ma aleggia un clima di difesa aprioristica delle parole del dirigente.
A mezzanotte ho finito. Mi incammino, come al solito, verso la Gelateria della Festa, luogo di abituale ritrovo prima di staccare.
Da lontano vedo un nutritissimo gruppo di compagne e compagni, seduti attorno a più tavoli, che stanno parlando mentre bevono qualcosa o sorbiscono un gelato. Mi avvicino immaginando che il tema della discussione sia Genova, i fatti là accaduti, le notizie che arrivano, sempre più preoccupanti, drammatiche. Se non parlano di questo, di cosa potranno mai parlare i dirigenti del mio partito?!
Mi siedo con loro. Ascolto, pronto a dire la mia...... ma non so davvero che dire!
Il tema del "dibattito" mi lascia senza parole: stanno parlando di quali e quanti aereoporti ciascuno ha visto nella propria vita! Di come fossero. Di quanto grandi, lustri, belli, variopinti fossero risultati ai loro occhi!
Finisco il mio affogato al caffè e me ne vado, senza dir nulla. Triste ed incredulo.
Ho vissuto uno dei primi sintomi della distanza, che sempre più si allargherà in termini drammatici, tra la politica ed il sentire della gente vera, in carne ed ossa.
Purtroppo.
Nessun commento:
Posta un commento